L’etimo sembrerebbe rifarsi al latino viridis (verde), forse in riferimento a praterie erbose un tempo qui esistenti. Sono state avanzate, però, anche altre ipotesi secondo le quali il toponimo sarebbe da ricondurre ad origini celtiche (supponendo che il nome si sia formato dal prefisso -vir). La più antica testimonianza archeologica del paese è rappresentata da un frammento di epigrafe romana murata nella facciata posteriore della casa parrocchiale. In questa è nominata la gens degli Statii, una delle più illustri famiglie del territorio bergamasco, all’epoca insediata, probabilmente, a Stezzano.
Presso l’Archivio Capitolare della Curia Arcivescovile di Bergamo sono conservate due pergamene in cui viene menzionato Verdello Minore. La prima, risalente al maggio 1010, consiste in un atto di rinuncia da parte di due coniugi a qualsiasi futura rivendicazione su appezzamenti di terra situati a Levate, nei confronti di Pietro, figlio del defunto Grausone “de loco Verdelo Minore”.
Nella seconda pergamena, datata febbraio 1036, un tale Lupo del fu Pietro, abitante a Calfe, dispone che, in caso di morte senza eredi, tutti i suoi beni immobili passino alla Chiesa e Canonica di S. Alessandro; tra questi anche la parte di un mulino situato presso Casalio, ossia in “Virdello minore”. Nel XIV secolo i confini del territorio di Verdellino non apparivano molto dissimili da quelli attuali, secondo quanto riportato da un atto notarile oggi conservato nell’Archivio della Biblioteca Apostolica Vaticana, redatto tra i mesi di giugno e luglio 1392. Nell’antica pergamena i confini del paese sono individuati da “termini” come, ad esempio, fossati, strade e campi dei quali vengono riportati i nomi dei rispettivi proprietari.
La strada Francesca costituiva, assieme a un campo detto “Prato Cerito”, il limite oltre il quale si estendevano i territori di Ciserano e Minervio (località poi accorpata a Verdello), mentre il confine con Boltiere e Ciserano era segnato dalla strada che conduceva da quest’ultimo paese verso Osio Sotto, detta “Ad Voltam de Russino” e da un fossato. Un altro fossato, detto “Ussolii” divideva a nord ovest Verdellino da Osio Inferiore e medesima funzione aveva la strada “Via de Bunicho”. Sempre a nord un ulteriore confine era segnato dall’incrocio delle vie di S. Giorgio e “Molendinum de Folze”.
Tra il Trecento ed il Quattrocento il territorio bergamasco fu sconvolto da una violenta guerra sorta tra le fazioni di famiglie guelfe e ghibelline bergamasche che trasformò la campagna in un campo di battaglia per piccoli eserciti che recavano morte e distruzione nei paesi in cui si imbattevano. Il 22 marzo 1358, nel periodo in cui il signore di Bergamo Barnabò Visconti si scontrava con le milizie pontificie per il possesso di Bologna, una compagnia di ventura guidata dal Conte Lando, saccheggiava e incendiava Verdello, Verdellino e Comun Nuovo.
A Verdellino sorgeva un castello appartenente ai Suardi, potente famiglia ghibellina che poteva contare sul possesso di molti altri manieri sparsi per tutto il territorio bergamasco. Ed è a Pietro Suardi che il nuovo signore di Bergamo Pandolfo Malatesta rese, nel 1408, le fortezze di Verdello Maggiore e Minore. Nella celebre descrizione del territorio bergamasco che il capitano veneziano Giovanni da Lezze scrisse nel 1596, si contava che a “Verdel Picolo” risiedessero 330 anime per un totale di 49 famiglie. Secondo le parole del capitano “qui non sono richezze che il più riccho ha pertiche di terra 40, gli altri lavoradori et brazenti senza traffichi”.
La maggior parte della terra (3613 pertiche bergamasche in tutto) apparteneva ad enti ecclesiastici o cittadini di Bergamo ed anche le poche terre che il comune continuava a possedere (poco più di 300 pertiche) erano sottoposte alla minaccia di un patrizio cittadino chiamato Antonio Gratarolo.
Alla fine del 1500 Verdellino era quindi un paese povero dove, fatta eccezione per qualche fittavolo benestante e qualche massaro, quasi tutti erano braccianti o tutt’al più si dedicavano a qualche attività artigianale, come la tessitura di tela.